6 marzo 2011

Vaffanlibia











Se la rivoluzione in Libia dovesse fallire, che esame di coscienza dovremmo farci? Per l'ennesima volta, la comunità internazionale decide di muoversi o di non muoversi solo in base agli interessi dei paesi più ricchi e potenti, non certo per il benessere generale.
È difficile intervenire in una guerra civile di un altro paese, perchè è difficile capire da quale parte stia la ragione (anzi, notoriamente è difficile che stia solo da una delle due parti); ed è assurdo il concetto di esportare la democrazia, come ci insegna la storia più o meno recente.
Tuttavia, il caso libico è diverso dagli altri che hanno sconvolto il Maghreb negli ultimi tempi; e questo lo dico a prescindere di ciò che pensa la stuola di opinionisti che affollano i giornali, dei cui commenti me ne frego altamente. Se Gheddafi riuscirà a battere i ribelli, sarà in virtù di un massiccio ricorso a forze armate straniere e a mercenari a libro paga. Insomma, rovescerà l'inferiorità numerica dei suoi sostenitori incalliti grazie a un sapiente uso della ricchezza e del potere.
Quello che mi da veramente fastidio, e che mi fa sentire responsabile, è il motivo del non-intervento della comunità internazionale: non in virtù della difficoltà nel capire cosa vuole la maggioranza dei libici, non in virtù di una politica di non-intervento nelle questioni estere. Bensì una questione di comodo: timore di ondate migratorie nei paesi ricchi, timore per i prezzi del petrolio e per gli interessi delle grandi compagnie energetiche, e solo all'ultimo posto timore per una possibile presa del potere da parte di AlQaeda (a cui, però, non crede neppure Magdi Allam).
Per farla breve, se Gheddafi dovesse mantenere il suo posto sullo scranno del potere non sarà in virtù del suo buongoverno o della forza della sua maggioranza (mantenuta anche a costo di atti criminali, ma pur sempre maggioranza). Sarà in virtù del nostro egoismo e della nostra ipocrisia. Sarà in virtù del nostro desiderio di non vedere il prezzo della benzina salire ancora, sarà in virtù del nostro desiderio di vedere strade con meno stranieri, sarà in virtù del nostro desiderio di mantenere le proprie condizioni di vita mentre il resto del mondo va in malora.
Ancora una volta, una parte del globo deve soffrire affinchè noi possiamo mantenere i nostri privilegi. Ancora una volta, la guerra tra i poveri avvantaggia i ricchi. Nessuno vuole morire per salvare il mondo, è ovvio. Ma nessuno vuole neppure sacrificare il proprio tenore di vita per permettere agli altri di vivere una vita dignitosa.






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